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"DI-STANZE. A casa di Anna" – Personale di pittura e installazioni. Sitran, Alpago BL - 2016

Un’idea cara a tutti, cioè di trasformare il proprio spazio o lo spazio che si vive in uno spazio dell’arte. Un’idea che il più delle volte si trasforma in una casa-teca, una casa-museo, una casa contenitore. Non è questo che succede qui ed ora e per noi.

Entriamo in un’opera che è raccolta di racconti d’arte, arte viva, vita autentica: le “stanze-di” Giorgio e le di-stanze di Giorgio.

C’è un ordine di separazione tra questo muoversi dentro l’arte e il muoversi con l’arte. Ecco!!!! Siamo qui con le opere, immersi nel percorso di un abitare e vivere quotidiano, con questi racconti, queste storie tese di vita e di pensiero. Figure e senso. Anche ricordo e morte.

Ogni di-stanza è sublime e (però) irraggiungibile nel senso e nel pensiero. È lì davanti a noi, non arriviamo ad afferrarla, non la tocchiamo, la vediamo sfuggire e volare via per posarsi più in là su un ramo, su un sasso, sul davanzale, su una tela. L’arte di Giorgio non è comprensibile per quello che è, ma solo per il nostro desiderio di capire e di cercare di raggiungerla. Questa è l’essenza del momento che vuole condividere con noi. Lui ci accompagna dentro la fitta foresta dei nostri bisogni senza parlare di bellezza e di colore, di armonia e di tecnica, ma semplicemente SNIDANDO le nostre prime (nel senso di primordiali) voglie di comprendere il significato del creare un segno, un di-segno, un quadro, un sasso, un simbolo, un piede,… che parlino in modo unico a tutti della nostra vita.

Svelato il mistero siamo ancora alla ricerca in soffitta del nostro gioco dentro un baule, di un racconto d’infanzia elevato al cielo, attraverso le finestre che guardano o alla notte buia o alla luce del giorno. Dove la presenza del passato e dei suoi segni sui muri, sono gustati e normali condizioni dell’opera, oltre anche ad un HUMUS VITALE per l’accoglienza del senso (significato). Potremmo dire CULLA.

Dobbiamo aprire tutti i nostri sensi dentro questa casa.

Il tatto, toccando materiali, superfici e legni, l’olfatto, annusando l’aria, l’odore, l’essenza, la vista raccogliendo con discrezione la percezione di tutto e la curiosità del dettaglio, il gusto lasciando che la nostra bocca assapori l’antico respiro della storia di questa casa, l’udito registrando la presenza di chi come noi è accanto con la sua voce, vibrazione, credenza, suono, rumore, umore.

La soffitta

La casa quindi come spazio privo di ragione, ma come spazio magico, dove i racconti, “fatti narrati”, talvolta dolci, ma più spesso dolorosi e simbolici contribuiscono a tessere delle poetiche alchemiche singolari, come ogni stanza, come ogni di-stanza di Giorgio.

Entrando

Intravedo in Giorgio l’orgoglio di quei fini creatori, dove non ci può essere umiltà o superbia, ma solo testimonianza, o meglio ancora, il progetto del ricordo futuro. Orgoglio che è dignità di appartenere ad una comunità montana unica, fatta di persone autentiche, forti e talvolta ruvide. Orgoglio di camminare in strade dense di luce e odori, legni e pietre, silenzi e animali.

Un racconto di Giorgio parla a noi. Dell’attualità e della costanza di credere che il futuro è presente. Con noi qui ora condividendo questo momento.

Grazie Giorgio.

(Remigio Feltrin)