“Disegni“ – Personale Sala Riunioni Latteria, Sitran, Puos d’Alpago BL – 1995
(intervento critico tratto dal catalogo VII ed. Portici Inattuali)
[…] Il 13 aprile 1995, presentando una mostra di Giorgio Vazza nella ex latteria di Sitran, ho avuto occasione di parlare della capacità rigenerante dell’arte, della sua funzione di riproporre gli oggetti, la vita, e scacciare la morte grazie al potere di ripresentazione.
Non è una novità, il concetto è rubato a Jean Clair (che andavo leggendo in quei mesi con rabbia), ma il senso deflagra nel momento in cui si ponga mente al fatto che per la maggior parte della storia abbiamo chiesto all’arte di rappresentare. E invece ripresentare nel senso di rendere nuovamente presente: il concetto mi coinvolge anche personalmente, laddove, direttrice di un museo, luogo dove le opere vengono “presentate” al pubblico oltre che conservate, devo ammettere di essere direttrice di un luogo spesso di morte, dato che (dice Jean Clair) il museo avanza come il deserto, mano a mano che le cose perdono vita e bisogna fermarne il senso in un luogo fatto apposta, fermarne il senso e la memoria.
Si era pensato di smontare la latteria e trasportarne i materiali in altro luogo. Dalle mani – dalla mente di Vazza erano allora uscite le schede di catalogazione degli oggetti (il loro certificato di morte), ma anche i disegni, tanti, nati dal toccare di nuovo, muovere, annusare le cose e ripresentarle, tratto dopo tratto, linea dopo linea, vita dopo vita. E allora le tazze, lo spannatoio, la sedia zoppa, l’arnese per fare il burro, scrollata di dosso la polvere, rivendicavano attraverso l’uomo – l’artista il loro esserci, al di là dell’uso, al di là del senso, al di là del tempo.
(Nicoletta Comar)